È da qualche mese che si parla con insistenza degli iBeacon, uno standard di Apple potenzialmente applicabile a tutta una serie di campi, dal retail e proximity marketing all’Internet of Things.
Ma di che cosa si tratta?
Per capirlo è utile dare una definizione di iBeacon. Apple la definisce “una nuova classe di trasmettitori a basso consumo e a basso costo che può notificare a un vicino dispositivo IOS la sua presenza”. Beacon in inglese significa “faro”, ed è proprio questo il punto fondamentale: gli iBeacon sono fari che guidano l’utente IOS in uno spazio delimitato.
Gli iBeacon sono in sostanza degli access point che generano una rete Bluetooth di ultima generazione, la BLE (Bluetooth Low Energy), caratterizzata dal consumo di energia limitato. Il “faro” iBeacon (il Proximity Monitor) può collegarsi con un iPhone (il Proximity Reporter) nelle vicinanze, a patto che abbia attiva la app specifica e, ovviamente, il Bluetooth. A questo punto, l’iBeacon può comunicare con l’utente a proposito di ciò che gli sta intorno, per esempio dandogli informazioni su un prodotto in vendita.
Parliamo di comunicazione unilaterale o, se vogliamo usare un termine derivato dal marketing, di un’azione push.
Parliamo di comunicazione unilaterale o, se vogliamo usare un termine derivato dal marketing, di un’azione push.
Sicuramente, gli iBeacon saranno utilizzati ampiamente dal retail marketing: l’esperienza d’acquisto in un punto vendita, che oggi è una pratica messa in discussione dall’ascesa dell’e-commerce, potrà trovare nuova linfa vitale da questa tecnologia, se applicata con criterio, evitando esasperazioni. Altrettanto scontato appare il ruolo degli iBeacon in quello che viene definito Internet of Things: pensiamo a come potrebbero essere utilizzati in un appartamento tecnologicamente avanzato.
E perché non immaginare l’uso degli iBeacon in una campagna di storytelling aziendale, oppure di viral marketing?
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Fonte: http://www.ninjamarketing.it/2014/11/14/ibeacon-cosa-sono/
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