Perché i progetti falliscono? Numerosi studi, tra i quali il più famoso è probabilmente quello condotto dallo Standish Group su 50000 progetti, evidenziano che solo un terzo dei progetti riesce ad ottenere realmente successo.
Per “successo”, si intendono quei progetti che riescono a soddisfare contemporaneamente questi 3 requisiti:
- Rispetto del budget
- Rispetto delle tempistiche
- Risoluzione del problema per cui il progetto era stato avviato
Buoni e Cattivi
Negli anni di grande evoluzione della community software, abbiamo avuto la fortuna di assistere alla crescita di numerose iniziative di varia natura che hanno cercato di gestire i rischi legati allo sviluppo software. Tra i più noti citiamo:
- Il movimento agile e il suo manifesto
- Extreme programming
- Metodologia DevOps
- Design Thinking
E molti altri…
Nonostante tutti gli sforzi compiuti nel 2023, assistere al fallimento del proprio progetto software è un rischio concreto. Per questa ragione, coloro che ignorano o accettano passivamente questa realtà, dal mio punto di vista, stanno dalla parte dei “cattivi” (permettetemi questa licenza poetica).
La community ha perciò ancora bisogno di “buoni” che si impegnino per maturare la giusta consapevolezza su argomenti di questo tipo.
Perché sviluppare un software di successo è così difficile?
Lavorare nel mondo del software non è facile, si sa. Alcuni dei principali problemi che rendono i progetti software così difficili sono:
- Nessuno, da solo, possiede tutte le conoscenze necessarie per affrontare le sfide; bisogna almeno triangolare il business, il prodotto e la tecnologia;
- Il processo che lo produce non può essere mai conosciuto a priori; ogni progetto ha una storia a sé, non esiste una ricetta magica per prendere decisioni, ogni volta bisogna ponderare in base al contesto (“dipende” è l’unica risposta sempre valida);
- Una volta fatto, sei solo all’inizio! Il software si evolve in base alle attività ed ai bisogni che supporta.
Per tutte queste ragioni, nella mia esperienza personale, migliorare le metriche di successo richiede che ogni organizzazione lavori prima di tutto su se stessa.
Cosa possono fare le organizzazioni?
Venendo al pratico, cosa possono fare le organizzazioni per gestire correttamente il rischio?
Pur non esistendo una ricetta perfetta, ci sono dei punti critici su cui lavorare:
- Evitare la creazione di silos e colli di bottiglia all’interno dei progetti. Le catene di montaggio non funzionano. Al contrario, processi collaborativi ben ponderati sono più efficaci;
- Nutrire la cultura aziendale attraverso una formazione continua, non limitata solo agli aspetti tecnici. È fondamentale coinvolgere tutti i membri nel progetto, affinché ognuno contribuisca alla sua riuscita con le proprie decisioni. Ognuno di noi è fondamentale affinché il software sia di successo;
- Chiarire il “perché” dietro il software e diffondere queste informazioni per guidare il progetto verso il successo nel tempo.
Cosa possono fare gli sviluppatori?
Gli sviluppatori non sono soggetti passivi. Come ci ha insegnato Alberto Brandolini, il software non è una catena di montaggio ma un processo di creazione della conoscenza di cui il codice funzionante è solo una conseguenza.
Per questo, il nostro ruolo non è la trasformazione di specifiche in codice funzionante, ma siamo interpreti attivi e determinanti per la buona riuscita del processo.
Pertanto, alcune azioni che gli sviluppatori possono intraprendere includono:
- Curare continuamente la propria formazione, andando oltre il “come” e includendo la comprensione di tutti i fattori che contribuiscono alla riuscita del progetto;
- Utilizzare le nuove conoscenze per sfidare l’organizzazione e fornire feedback quando riteniamo che la strada seguita non sia corretta. Il successo del progetto dipende anche da noi.
Conclusioni
Realizzare un progetto software di successo, piccolo o grande che sia, non è affatto banale e dipende da molti fattori. L’unico modo per le organizzazioni di gestire correttamente il rischio è continuare a investire nelle competenze di tutte le persone coinvolte, nella cultura aziendale e nella formulazione puntuale delle strategie.
Fonte: Antonio Dell’Ava.
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